Intervista a Marco grazzini, 28 anni al tau e un sogno nel cassetto

Qual è il tuo ruolo all’interno del Tau?

“Sono responsabile tecnico del Centro di Formazione Inter, il mio compito è quello di monitorare e controllare l’operato degli istruttori, cercando con loro anche nuovi metodi di allenamento. Oltre a questo tengo i rapporti con l’Inter e con le società affiliate al Tau. 

Inoltre, gestisco i rapporti con la Federazione che, poiché siamo una Scuola Calcio Inter, e svolgiamo un lavoro importante, ci ha assegnato il ruolo di “Società capofila per lo sviluppo territoriale”. Essere una società presa come “modello” è un grande onore ma anche un onere, infatti, insieme alla Federazione, ci confrontiamo sul tipo di lavoro da proporre e organizziamo workshop e incontri”. 

Da quanti anni sei al Tau?

“Da 28 anni, ho sempre fatto l’istruttore dell’attività di base e da quest’anno il presidente mi ha affidato l’incarico di responsabile tecnico del Centro di Formazione Inter. È un ruolo diverso da quelli che ho ricoperto negli anni, ma che mi ha portato a vedere il calcio da un’altra prospettiva e mi ha dato nuovi stimoli”.

Qual è il tuo metodo per valutare gli allenatori?

“L’Inter propone una metodologia di calcio alle affiliate, ma la sua peculiarità, rispetto ad altre società professionistiche, è che dà la possibilità alle società di costruire il proprio metodo di lavoro, perchè è consapevole che ogni realtà e ogni territorio hanno specifiche e peculiarità differenti. Il Tau, infatti, sulla base della metodologia dell’Inter, ha poi redatto un suo piano di lavoro che si basa su due punti fondamentali: il primo è che la tecnica deve essere sempre associata ad una scelta, perché i giocatori devono imparare a scegliere nel più breve tempo possibile, proprio come in partita. Le azioni belle ma fini a sé stesse non servono a niente. Il secondo punto è che, come impostazione della settimana, dividiamo il lavoro in due fasi: quella della costruzione dell’azione e quella della finalizzazione”.

Qual è un aspetto che pensi ti abbia aiutato nel tuo lavoro al Tau?

“Oltre a lavorare per il Tau io sono un educatore in un centro per disabili con specializzazione in autismo. Sicuramente questa mia esperienza mi è servita proprio per gestire meglio le relazioni e i rapporti umani. Credo che il presidente mi abbia affidato questo ruolo proprio perchè era consapevole di quello che è stato il mio percorso. Quando ci siamo parlati mi ha chiesto di creare un clima sereno, che fosse professionale e allo stesso tempo familiare, in modo da non sprecare energie e far sì che tutti remassero nella stessa direzione. La seconda richiesta, più pratica, è stata quella di sviluppare un progetto tecnico che ci permettesse, entro qualche anno, di portare qualche nostro ragazzo a giocare nell’Inter o in altre società professionistiche. Per questa parte del lavoro devo ringraziare il mio predecessore, Marco Vannini, per l’ottimo lavoro svolto, che mi ha permesso di lavorare meglio e in maniera più veloce”.

Sono 28 anni che lavori in una società sportiva. Cosa significa per te il calcio?

“Potrei dire che è una passione e che vedere i bambini che mettono in pratica sul campo quello che gli insegni è una grande soddisfazione, così come l’orgoglio che ti da l’essere salutato da un bambino che hai allenato 15 anni prima e che si ricorda ancora di te. Tutto questo è sicuramente importante e gratificante, ma la verità è che il calcio in questi anni è stato un modo di affermare me stesso, e di questo devo ringraziare il Tau per l’opportunità che mi ha dato. Il calcio in generale, e questa società nello specifico, mi hanno dato la possibilità di crescere sia umanamente che professionalmente e non smetterò mai di ringraziare entrambi”.

Hai un sogno nel cassetto?

“Veder giocare nell’Inter, di cui sono anche tifoso, un ragazzino cresciuto da noi e magari, un giorno, vederlo anche in Nazionale”.

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